Legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo: effettività e non pretestuosità del riassetto organizzativo

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ( g.m.o.), ex art. 3 L. n. 604/1966, può essere legittimamente intimato “per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa”.
I predetti “criteri di gestione dell’impresa” in quanto espressione della più ampia libertà di iniziativa economica ex art.41 Cost., soggiacciono esclusivamente alla libera valutazione del datore di lavoro.


Tuttavia, stante il carattere di extrema ratio del licenziamento per g.m.o., il legislatore demanda al controllo giudiziale la verifica della sussistenza di un nesso causale tra l’effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo.(Ex multis Cass. n. 6333/2013; Cass. n. 579/2013; Cass. n. 20016/2012 Cass. n. 24235/2010).
Per pacifica esegesi giurisprudenziale è onere della parte datoriale dimostrare la sussistenza del g.m.o. ovvero crisi aziendale e/o esigenza di prevenire la stessa, nonché l’impossibilità di impiegare il lavoratore in altre mansioni equivalenti.
A tal proposito, non essendo utilizzabili né il normale criterio della posizione lavorativa da sopprimere in quanto non più necessaria, né tanto meno il criterio della impossibilità di repechage –in quanto tutte le posizioni lavorative sono equivalenti e tutti i lavoratori sono potenzialmente licenziabili- il controllo giudiziale verterà sul divieto di atti discriminatori nonché sull’indefettibile sussistenza del canone di correttezza e buona fede contrattuale -ex art. 1175-1375 c.c.- quali principi orientanti il legittimo esercizio del diritto di recesso datoriale (Cass. n. 16144/2001).
Sul punto, la giurisprudenza è conforme nel ritenere che, in assenza di criteri di scelta espressamente previsti, la conformità della stessa deve essere valutata alla luce dei criteri dettati per i licenziamenti collettivi dall’art. 5 l. n. 223/1991 ovvero carichi di famiglia e anzianità -rimanendo così irrilevanti le esigenze tecnico-produttive e organizzative data la indicata situazione di totale fungibilità tra i dipendenti- (Cass n. 16144/2001; Cass. n.11124/2004; Trib. Catania sez. lav. n. 935/2016).
Da ciò deriva che, il datore di lavoro è gravato dall’onere di allegare e/o dimostrare gli elementi fattuali dai quali desumere una crisi aziendale, in atto o prossima, ed altresì allegare e/o provare le ragioni oggettive per le quali la scelta del licenziamento sia ricaduta su un dipendente piuttosto che un altro, in caso contrario, il controllo giudiziale non potrà avere altro epilogo se non una dichiarazione d’illegittimità dell’intimato licenziamento per g.m.o.

Dr.ssa Somma Agnese